Il Vecchio Amaro del Capo conferma la leadership nel settore
Il Vecchio Amaro del Capo, liquore alle erbe, è frutto di un’antica ricetta calabrese poi rielaborata e migliorata dall’esperienza acquisita dalle quattro generazioni della famiglia Caffo.
È da qualche anno ormai l’incontrastato “numero uno” delle vendite, tra gli amari alle erbe, all’interno del circuito della grande distribuzione organizzata. Il Vecchio Amaro del Capo, punta di diamante della Distilleria Fratelli Caffo 1915 è ormai consacrato come il drink alcolico più gettonato servito a -20 gradi o nelle versioni Capo Tonic o Negroni del Capo.
“Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso – afferma Nuccio Caffo, amministratore delegato della distilleria di famiglia – stimiamo un aumento delle vendite del 20%, ben oltre il dato di sette milioni di bottiglie dello scorso anno. Le somme potremo tirarle solo a fine anno, ma i presupposti per un ulteriore successo ci sono tutti. Di pari passo ci sono state importanti affermazioni nelle principali competizioni internazionali di settore che hanno fruttato la conquista di diverse medaglie d’oro“.
Una leadership ormai indiscussa per l’amaro alle erbe, che deve il nome ad una località poco distante dalla sede della distilleria, Capo Vaticano, prodotto leader di un’azienda che, da Limbadi, piccolo comune della Calabria, ha scalato i mercati dell’Italia. Un successo non solo nazionale: Caffo è presente, infatti, con proprie sedi, oltre che a Milano, in Germania e negli Usa. Il cuore della produzione del gruppo, però, resta stabilmente radicato in Calabria.
“Qui a Limbadi – prosegue Caffo – abbiamo impiantato il più grande stabilimento per la produzione di alcolici del meridione. La nostra stella polare è e rimane la qualità. Tutte le fasi produttive si svolgono qui: dalle erbe prodotte nell’azienda agricola alla realizzazione dell’infuso che viene, poi, lavorato fino all’imbottigliamento e ai successivi passaggi relativi alla commercializzazione“.
E nel vecchio opificio esiste anche un museo che raccoglie documenti, libri, erbari e tutto ciò che rimanda alla produzione dell’amaro. “Non è una struttura aperta al pubblico – chiarisce Caffo – ma su richiesta abbiamo aperto le porte a visitatori interessati e anche a qualche scolaresca”.
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