Sardi a beccaficu: un piatto povero ma un lusso per il palato
Dallo street food alla nouvelle cousine, le sardi a beccaficu una ricetta nata come umile rivisitazione di un piatto pregiato della tradizione baronale siciliana.
La storia delle sarde a beccafico ci riporta ai tempi in cui la creatività popolare era in grado di dar vita a piatti interessanti con quello che si aveva a disposizione.
Il nome deriva dal Beccafico. Il beccafico è un uccello della famiglia Sylviidae, di piccole dimensioni, diffuso in gran parte dell’Europa. Ghiotto di fichi tanto da guadagnarsi il nome sulla base di questa caratteristica. Da qui prende il suo nome.
Nella Sicilia del XIX secolo, i nobili erano soliti andare a caccia per mangiare la sua carne, ritenuta pregiata. I monsù, cuochi delle famiglie aristocratiche, erano soliti prepararli farcendoli con le loro stesse viscere e interiora. Venivano cotti alla brace e disposti nel piatto con le piume della coda rivolte all’insù, in modo da poterli afferrare a mangiare nel modo più comodo per il commensale. Una prelibatezza riservata esclusivamente alle tavole dei ricchi aristocratici.
La carne dei pregiatissimi volatili venne sostituita dal pesce. I popolani non potendo permettersi il lusso della carne adattarono la ricetta agli ingredienti poveri di cui disponevano, come le sarde che il mare forniva in abbondanza.
Al posto delle interiora, vennero utilizzati pangrattato, uva passa e pinoli. Le massaie riempivano le sarde sino a renderle grosse e gonfie, poi le disponevano con la coda rivolta in alto, per renderle il più possibile simili ai più nobili volatili.
Questo piatto ammuntuatu, come direbbe Camilleri, certamente rispecchia il vivace ingegno dei siciliani e la reinvenzione popolare.
Oggi è un piatto tipico riconosciuto e inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani.
Il piatto si presenta in diverse versioni.
Nel palermitano, la ricetta consiste nel preparare le sarde al forno arrotolate intorno a un composto di pan grattato, aglio e prezzemolo tritato, uva sultanina, pinoli, sale, pepe e olio d’oliva.
A differenza delle sarde a beccafico alla palermitana, nella ricetta messinese il ripieno contiene mollica e anche i capperi, mentre la cottura avviene mediante frittura.
Nella versione alla catanese si aggiunge il caciocavallo nella farcia e le sarde sono disposte una sopra l’altra, due a due, come ad abbracciarsi, poi impanate e fritte.
Sarde a beccafico con riduzione d’arancia
Ingredienti per 4 persone:
- 800 g. di sarde
- 150 g. di mollica di pane
- 50 g. di capperi dissalati
- 30 g. di uvetta
- 30 g. di pinoli
- un limone
- un’arancia
- prezzemolo tritato
- olio evo
- pepe nero
Per la salsa all’arancia:
- succo di un’arancia
- maizena
Come si prepara:
Lavate le sarde, privatele della testa e delle interiora, privatele delle lische, sciacquatele sotto l’acqua corrente, apritele a libro e ponetele ad asciugare su carta assorbente da cucina.
In una padella, con poco olio extra vergine d’oliva, tostate la mollica di pane, tenendone un poco da parte, mettetela in una ciotola, aggiungete un cucchiaio di olio, buccia e succo di limone e arancia, pepe nero macinato, i capperi dissalati, l’uvetta ammollata fatta rinvenire in acqua tiepida, i pinoli e il prezzemolo tritato, mescolate molto bene il composto con l’aiuto di un cucchiaio e farcite le sarde con il composto ottenuto.
Farcite una sarda con il composto ricavato, quindi adagiatevi sopra un’altra sarda e sigillate facendo una leggera pressione con le mani. Disponetele in una pirofila unta di olio, spolverizzate con il pangrattato rimasto, decorate con foglie di alloro, fette di arancia e di limone, irrorate con olio evo e infornate a 200° per circa 20 minuti.
Nel frattempo, mettete il succo di cottura in un pentolino con un cucchiaio di maizena e fate restringere per qualche minuto.
Sfornate e servite con la salsa all’arancia.
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