Il Piemonte del vino ricomincia da Piemonte Land of Wine
Intervista al presidente del consorzio Piemonte Land of wine, Matteo Ascheri, che ci racconta come sta reagendo il mondo del vino.
Cambia ufficialmente pelle il gruppo dei Consorzi di tutela del vino piemontese operante nel settore della promozione e valorizzazione delle DOC e DOCG regionali in tutto il mondo.
A 10 anni dalla sua costituzione, Piemonte Land of Wine pone l’accento sugli elementi e sui valori che ha sostenuto fin dalla sua fondazione, per proiettarsi nel futuro con una nuova identità grafica, simbolo di un brand e di uno stile rinnovati.
Purtroppo, anche il comparto vitivinicolo piemontese accusa il colpo dell’emergenza Coronavirus. Secondo un’indagine di Coldiretti, il giro d’affari ha subito una flessione del 60-70%. Ai mancati consumi in bar, ristoranti e alberghi, si sommano ritardi e disdette di ordini oltre confine.
Abbiamo intervistato il presidente Alberto Ascheri, (imprenditore e titolare delle Cantine Ascheri ndr), ci ha raccontato (telefonicamente) il 2020 dal punto di vista vitivinicolo durante il Covid-19.
Come mai questo cambiamento di veste Piemonte Land of Wine?
“Una scelta dettata dalla volontà di riflettere anche nel nome il riferimento al vino e all’identità regionale, attraverso un nuovo brand, evocativo e proiettato verso il futuro. Con Piemonte Land of Wine vogliamo comunicare la volontà di tenere sempre in primo piano l’innovazione come fattore di crescita.
A tutti gli effetti è la vera casa comune dei Consorzi dei vini piemontesi, pur mantenendo ognuno di essi la propria peculiare identità. Al tavolo di Piemonte Land si elaborano e si definiscono le strategie e i programmi per proporsi all’esterno con la compattezza di un unico grande organismo”.
Come sta reagendo il comparto del vino in Piemonte a un anno dalla pandemia?
“Il settore del vino, Come vari comparti della nostra agricoltura, non mancano i primi segnali di speculazioni sul vitivinicolo. Con prezzi e consumi in aumento, soprattutto nella grande distribuzione, in questo momento delicato a soffrire maggiormente sono i produttori che attuano la vendita diretta e quelli che lavorano in larga parte con i paesi stranieri. Il Piemonte è tra le più grandi regioni vitivinicole, le cui produzioni sono apprezzate oltre i confini nazionali proprio per l’elevata qualità. Il vino piemontese, che vanta 42 Doc e 17 Docg, è cresciuto proprio scommettendo sulla sua identità e questo ha permesso di conquistare sempre più anche i palati stranieri”.
E il consumatore di vino come si comporta?
“E’ cambiato. Rispetto al lockdown di aprile, sceglie anche etichette di vino più costose, soprattutto Docg. Un fenomeno di ‘trading up’ che le insegne distributive provano a intercettare. E si afferma l’idea di creare nuovi spazi per quei prodotti finora esclusivo appannaggio dell’Horeca.
La presenza del virus ha determinato un’altalena degli acquisti, facendo coincidere il segno più per il vino soprattutto nei periodi di chiusura delle attività del fuori casa. Con i vari stop alla ristorazione, i consumatori, oltre a premiare i vini comuni da tavola per il consumo quotidiano, hanno cercato nella Gdo anche quei prodotti di fascia più alta. Estendere il prodotto Horeca sugli scaffali potrebbe creare qualche problema, ma non vedo perché un consumatore che oggi ordina con un clic qualsiasi prodotto non possa farlo entrando in un punto vendita della Gdo. Gli scenari sono mutati e ora c’è da capire come inserire questi prodotti di fascia alta”.
Per quanto riguarda l’export com’è la situazione?
“Ci sono state numerose difficoltà rispetto al mercato dell’Estremo Oriente, non solo per il Covid-19 ma anche a causa di dazi e burocrazia legale imposti dal loro governo- Per quanto riguarda gli Usa e la Gran Bretagna abbiamo avuto uscite più stabili”.
E i produttori piemontesi?
“Il vino ha mostrato dei picchi nel periodo marzo-maggio, un rallentamento nei mesi estivi e un nuovo rialzo tra ottobre e novembre. Già a marzo-aprile, l’emergenza aveva catalizzato sulla Gdo l’attenzione di molte cantine in difficoltà, che non hanno esitato a bussare a quelle porte dove finora non si erano mai volute affacciare. Nel complesso, da inizio anno all’8 novembre, la variazione positiva è pari a 5,3% a volume (di cui 3,1 punti imputabili al trimestre marzo-maggio) con una spesa a +6,9% (di cui 2,6 punti decisi dal trimestre marzo-maggio). Una sorta di polarizzazione tra fasce basse e quelle più alte, che inizialmente hanno sofferto per poi riprendersi gli spazi consueti, ripristinando le gerarchie consolidate”.
Per quanto riguarda il mercato online?
“Il 2020 ha inevitabilmente modificato le abitudini di acquisto dei consumatori guidati da concetti come qualità, salutismo, gratificazione, sostenibilità e un forte ritorno dell’attenzione alla convenienza. La crisi ha anche favorito i dettaglianti di piccole dimensioni e il canale online, che in primavera ha realizzato un +200% per poi attestarsi a +122% nel periodo gennaio-ottobre, al punto da raddoppiare la sua quota sui fatturati della Gdo (discount inclusi): dallo 0,6% del 2019 (invariata da tre anni) all’1,1% dei primi dieci mesi 2020. Una crescita che ha ripreso vigore tra settembre e ottobre, in concomitanza col rientro dalle vacanze e la ripresa delle infezioni”.
Il consumo del vino nella realtà casalinga porta però ad un annullamento del suo valore conviviale, ma anche culturale. Cosa ne pensa?
“Certo, purtroppo viene sminuito il valore aggregativo del consumo. Ci siamo sempre impegnati per difendere il vino come elemento che racchiude storie, tradizioni, innovazione ma anche il semplice stare insieme e creare una esperienza collettiva fatta di profumi, sapori, compagnia. E’ annullata la possibilità di conoscere direttamente chi il vino lo produce, la sua cantina, le sue vigne… Anche i viaggi dei produttori per far conoscere le proprie bottiglie e il confronto costruttivo con altre realtà e la mancanza di eventi in presenza sono una grossa carenza che speriamo di colmare entro l’anno. Per ora sappiamo che la Douja d’Or è confermata, l’anno scorso siamo stati molto fortunati ad organizzarla in sicurezza e nell’unico periodo meno limitato dai divieti. Confidiamo che si ricominci presto, perché il settore sta entrando in sofferenza”.
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