Apre Domò Sushi Milano, il mastodontico progetto di Massimo Sun
Il nuovo indirizzo milanese, che ripercorre le gesta del fratello romano, si appresta a rivoluzionare il concetto di ristorazione giapponese nella città meneghina.
Apre a Milano, in via San Marco, un nuovo indirizzo di cucina giapponese che, grazie a un imponente progetto di interior firmato Naos Design e una proposta food diversa da tutte quelle già esistenti in Italia, punta a inserirsi tra i locali più cool della città. Un progetto che si presenta per la prima volta in Italia con una visione del tutto nuova e molto trasversale, che rivoluziona la ristorazione giapponese come è stata vissuta fino ad oggi.
Loro sono giovani, belli, eleganti e determinati. Hanno studiato, hanno fatto le loro esperienze in giro per il mondo, ma soprattutto sanno dove vogliono arrivare.
Il progetto di Domò Milano nasce da un’idea di Massimo Sun, giovane imprenditore asiatico già noto nella ristorazione romana, fondatore nella capitale dell’omonimo locale di successo Domò Roma, nel quartiere Parioli. Accanto a lui nel progetto, Flaminia Ceccarini, in qualità di General Manager e “intelligenza emotiva” del team, donna di carattere sempre pronta a surfare l’onda del cambiamento e Antonio Dai, executive chef giramondo, insieme per guidare una squadra operativa, giovane ed elegante – come loro d’altronde- di oltre 80 figure.
Il progetto nasce con l’acquisizione, come location, dell’Ex Museo dei Navigli in via San Marco in Brera-Solferino, accanto al Ponte delle Gabelle: gli spazi imponenti di una dimora storica che richiedevano una ristrutturazione e un restauro pressoché totali.
Da qui la scelta di uno studio di architettura, competente nel mondo della ristorazione, ma non necessariamente legato ai canoni asiatici: Naos Design di Dario Alessi.
La vision era a quel punto già ben definita: un locale contemporaneo e internazionale, dinamico, che partisse dalla cucina giapponese, ma incontrasse il palato italiano, accompagnando gli ospiti in un viaggio culinario senza confini, né di territorio, né di menu, per farli divertire e respirare le tendenze più hype del momento.
L’obiettivo era riuscire a creare una realtà che a Milano potesse veramente fare la differenza, punto d’incontro per il mondo della moda, dell’arte e del design, ma anche per tutti quelli cool come loro.
Domò
Il nome scelto per l’insegna fin dal primo locale a Roma è diretto: viene dal rafforzativo giapponese domò arigato gozaimashita, che traduce molte grazie, inoltre è un richiamo alla domus romana, la casa nel senso di accoglienza, ma anche la regalità della maestosa Villa Urbana di Nerone. In realtà Domò oggi è già un brand pronto a rappresentare il suo nuovo format di cucina e ospitalità.
Interior design
L’imponente progetto del ristorante (1500 mq su due piani) è stato seguito dallo studio di architettura Naos Design con la durata di 5 mesi per lo studio di fattibilità e l’analisi di diversi concept, e di ulteriori 5 mesi per i lavori di ristrutturazione.
L’ispirazione è quella di un locale internazionale, grandioso e scenografico sin dal lussuoso atrio, così come appare la sala centrale dopo aver varcato l’essenziale ingresso aperto sulla facciata d’epoca. Vele come quinte scenografiche si inclinano sulla navata centrale attraversata dalle morbide forme curvilinee dei divani custom disposti a serpentina che circondano i tavoli. La palette scelta è fatta da tonalità naturali, calde, che giocano con la sabbia, la terra, il travertino, la ruggine e il legno.
In fondo alla navata una scala sale verso la consolle a specchio del dj, davanti al quale sullo stesso palco troneggia un banco per il sushi show fatto con blocchi monolitici a spacco in travertino naturale.
Sulla destra si apre una grande area dedicata a tutte le preparazioni fredde per le lavorazioni di riso e sushi. Sulla sinistra la cucina per quelle calde con gas, induzione e postazioni wok. Uno spazio a parte è invece riservato a caffetteria e dolci.
Sulla sinistra, sempre affacciata sulla scalinata si apre una seconda sala rialzata, caratterizzata da raffinate contro-pareti in lamiera metallica traforata e retroilluminata che mimano la texture della natura e delle foglie, avvolgendo diversi divani circolari free-standing in elegante velluto tecnico. Sono tavoli dedicati a chi cerca una maggiore privacy, senza perdere le vibes del locale.
Due le scale che portano al piano inferiore, in quella principale si viene accolti da una fontana in pietra quale memoria dell’edificio storico: anche qui due grandi sale con tavoli per cenare, una spaziosa cantina dei vini, bar-caffetteria e due salette privée con caminetto. Non visibili, tutti gli spazi tecnici (spogliatoi, lavaggio, locali di servizio, pulizia del pesce) necessari alla gestione di volumi importanti. L’intero impianto di illuminazione del ristorante è stato per questo progettato secondo la domotica con sistema di automazione Dali e può essere gestito totalmente da un tablet. Imponenti anche i lavori d’impresa e impiantistici, interessati da opere architettoniche propedeutiche alla realizzazione della nuova attività.
Food experience
Se la cultura asiatica considera il cibo come un bisogno primario ed essenziale, quella contemporanea occidentale lo ha messo anche al centro di passioni e interessi, spingendolo verso la tecnica e l’eleganza del cosiddetto stile fine-dining.
Qui inizia la rivoluzione. Location in pieno centro a Milano, interni grandiosi, una lunga lista di specialità, materie prime scelte, un servizio smart eseguito da una squadra dinamica ed elegante, sound design dedicato, dj-set, mixology. Questo è Domò.
Domò ha pensato che ogni dining experience potesse essere soddisfatta con qualità, passione e stile, trasformandola in un momento di condivisione, più facile e accessibile.
Per questo ha scelto, nel suo innovativo format, di togliere i confini rigidi del menu degustazione o della carta classica, e introdurre l’ordinazione in “blocchi” di 10 piatti per commensale da scegliere da un ampio ventaglio di proposte e da condividere in tavola come fossero piccole monoporzioni gastronomiche. Entro i 5 minuti successivi può partire l’odine successivo, e così via fino a quando si pensa di essere soddisfatti: 20 piatti in 2, 30 in 3, 40 in 4, 80 piatti in 8, con una velocitò di servizio che lascia il tavolo sempre in ordine.
Il pranzo o la cena hanno un costo base a cui aggiungere le bevande e i dessert: un viaggio culinario dinamico che va oltre i confini più conosciuti della cucina giapponese, partendo dal sushi del Giappone, toccando la cucina nikkei del Sud America, risalendo verso gli ingredienti del Centro America, per rientrare in Europa, nel Mediterraneo con i suoi ingredienti caratteristici e atterrare a Roma, dove il primo Domò è nato.
Condivisione e dinamicità, allegria e sorpresa, colori per gli occhi e divertimento del palato, a creare quelle vibes positive che rendono la serata perfetta.
Culinary Journey
La carta di Domò è pressoché infinita, le materie prime di primissima qualità: i piatti (raffinate ceramiche orientali contemporanee) si scelgono quindi di 10 in 10 sull’iPad così l’ordine va diretto alle cucine, mentre il personale, giovane e scattante, si incarica della felicità del tavolo, proponendo il beverage di accompagnamento. Si spazia dai classici edamame (lisci, speziati o con tartufo) ai gyoza (crispy, niku, ebi o yasai); si assaggiano i morbidi bun ripieni di pollo o wagyu, o la tako-su, insalata di polpo e basilico, si assaporano nigiri con Patanegra, o nigiri aburi, scenograficamente scottati con il cannello al tavolo.
E ancora i roll con burrata e gamberi di Mazara, oppure con avocado e nachos tex-mex, i maki nikkei e quelli tiki, fino al tataki di manzo con puntarelle e capperi.
Una voce a sé i dessert, golosi, per chiudere il viaggio in dolcezza.
Ad accompagnare questo viaggio un Mistery Cocktail, creato dal barman ascoltando i gusti dell’ospite: un’ulteriore sorpresa che si aggiunge alla sequenza dei piatti che arrivano in tavola: il format appena nato è già in evoluzione, e presenterà un programma di entertainment dedicato.
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